Lavoro a partita Iva, autonomi ad alto rischio povertà in famiglia

Spread BTP-Bund a 300 punti, problema per le PMI secondo Cgia di Mestre
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In Italia una famiglia su quattro, con il capofamiglia che è occupato con un lavoro a partita Iva, si è trovata ad affrontare difficoltà a livello economico. A rilevarlo, in base ai dati del 2015, è stata la Cgia di Mestre nel sottolineare come nel nostro Paese le famiglie più a rischio povertà siano proprio quelle che vivono del reddito da lavoro autonomo.

In termini percentuali, l’Ufficio Studi dell’Associazione degli artigiani mestrina ha rilevato che in Italia, nel 2015, il 25,8% dei nuclei familiari che hanno vissuto di reddito da lavoro autonomo lo hanno fatto stentatamente al di sotto della soglia di rischio povertà che viene calcolata dall’Istituto Nazionale di Statistica.

Il rischio povertà scende al 21% per quei nuclei familiari dove il capofamiglia come reddito principale ha la pensione, e si attesta in ulteriore calo al 15,5% per quelle famiglie che vivono delle entrate da lavoro dipendente. Il popolo delle partite Iva, quindi, è quello che se la passa peggio tra piccoli commercianti, artigiani, piccoli imprenditori, ma anche liberi professionisti e soci di cooperative.

Sulla crisi del popolo delle partite Iva, Paolo Zabeo, che è il il coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, ha messo in risalto come un autonomo, nel momento in cui è costretto a chiudere l’attività, non può fare affidamento su misure di sostegno al reddito. L’unica cosa da fare è quella di rimettersi in gioco, ma al riguardo non sempre poi si riesce a trovare una nuova occupazione. Con la conseguenza che queste difficoltà, secondo Paolo Zabeo, stanno sempre più ‘spingendo queste persone verso forme di lavoro completamente in nero’.