Home Restaurant, l’antitrust bacchetta il Governo sulle misure restrittive

La legge sull’Home Restaurant che limita i proventi e l’attività dei cuochi amatoriali ha suscitato una levata di scudi.

Fa ancora discutere la controversa legge sugli Home Restaurant (la ristorazione domestica) in via di approvazione in Parlamento che limita ad un massimo di coperti (500) e di incassi (5 mila euro) l’offerta da parte di cuochi amatoriali di cene attraverso piattaforme tecnologiche. Limiti che l’Antitrust ha bocciato seccamente, dichiarandole assolutamente ‘ingiustificate’ come ha scritto Giovanni Pitruzzella.

L’Home Restaurant, la moda dei ristoranti condivisi, è una idea imprenditoriale frutto della cosiddetta economia della condivisione, una attività paragonabile a quella espletata da Airbnb dedita all’affitto delle camere. Mediante la piattaforma tecnologica denominata Gnammo, i cuochi amatoriali possono cucinare la propria cena per gruppi di persone sconosciute, fissando una tariffa, traendone lucro. La nuova legge, mirata a tutelare la sicurezza dei clienti, prevede la copertura assicurativa per i rischi dell’attività e la rc, ma solo per coloro che cucinano per oltre 50 persone e che realizzano più di 5 cene all’anno.

La legge restrittiva dell’attività degli Home Restaurant si pone anche l’obiettivo di tutelare la ‘leale concorrenza’ assicurandosi che l’attività svolta sia davvero amatoriale e quindi che i proventi siano solo occasionali. Un peso rilevante, nella redazione di questa legge, l’hanno avuta anche le lobby dei ristoratori tradizionali che temono l’emorragia di clienti. La normativa in approvazione, secondo l’Antitrust tradirebbe le raccomandazioni che provengono dall’Ue e che mirano a ridurre al minimo le regolamentazioni sulla sharing economy.

Il testo di legge impone il pagamento anticipato e l’espletamento dell’attività dei cuochi solo mediante piattaforme digitali. Impone, altresì, il divieto di organizzare cene in abitazioni affittate a turisti come ad esempio i B&B. E ovviamente limita il guadagno e i coperti rendendo l’attività assolutamente sconveniente, tenuto conto che una gran parte dei proventi viene investita per acquistare ingredienti. Inevitabile la levata di scudi degli operatori del settore che ritengono tale normativa contraria al principio di libera iniziativa economica, penalizzando i cuochi dilettanti a beneficio di chi svolge l’attività come professione.