Dieselgate Fiat Chrysler: adesso l’Italia rischia la procedura di infrazione

Fiat Chrysler

Ecco perchè la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione nell’ambito dello scandalo Dieselgate che coinvolse Fiat Chrysler.

La ‘difesa d’ufficio’ del governo italiano nel caso Dieselgate che ha coinvolto la Fiat Chrysler potrebbe diventare un boomerang per il nostro paese. E’ di questi giorni la notizia dell’avvio di una procedura d’infrazione contro il nostro paese, accusato di avere ‘ignorato volontariamente i dispositivi illegali di manipolazione delle emissioni’ nelle auto prodotte dal gruppo di Marchionne.

Questa notizia si è chiaramente riverberata anche sullo stesso titolo borsistico del gruppo del Lingotto che ha subìto in apertura di sessione, un calo di circa il 2%. La procedura di infrazione contro il nostro paese si sarebbe innescata in seguito alle polemiche nate dalle accuse lanciate dal governo tedesco e mirate a contestare i dispositivi illegali montati su modelli Euro 6 prodotti da Fca (fra le quali anche la 500 X).

Sotto accusa anche un meccanismo creato ad arte per disattivare i sistemi di controllo delle emissioni a distanza di 22 minuti dall’accensione. In pratica due minuti in più rispetto alla durata dei test di omologazione che si eseguono in Europa. Fca ha sostenuto l’improprietà dell’uso dell’espressione ‘disattivazione’. Secondo l’azienda italo-americana si tratterebbe solo di una ‘modulazione’ creata allo scopo di proteggere il motore da guasti.

Una tesi che il nostro governo ha ribadito e sostenuto, scontrandosi frontalmente con Berlino dopo l’avvio di un procedimento di mediazione in commissione europea. L’accordo sulla mediazione tra Italia e Germania si era perfezionato (anche se il contenuto non è mai stato reso pubblico) ma questo non pregiudica comunque la possibilità che il nostro paese possa subire una procedura di infrazione per la violazione dei trattati.

Le norme della Ue vietano espressamente l’uso di ‘impianti di manipolazione che conducono a un aumento delle emissioni di NOx (l’ossido di azoto) al di fuori del ciclo di prova, a meno che essi non siano necessari per proteggere il motore da eventuali danni o avarie e per garantire un funzionamento sicuro del veicolo’. La commissione ha giudicato insufficiente la tesi giustificativa del costruttore italiano e il nostro paese è finito nel mirino per non avere adottato misure correttive, sanzionando il costruttore.