Alitalia, il no al referendum apre la strada a 24 mesi di cassa integrazione

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Il no al referendum Alitalia apre scenari inquietanti per il futuro della compagnia di bandiera italiana che rischia lo smembramento.

Il piano di salvataggio Alitalia fa segnare una brutta battuta d’arresto dopo il No espresso in modo netto dai lavoratori nel referendum. Adesso l’unica strada possibile per tenere in vita la compagnia di bandiera italiana è quella del commissariamento, a meno di colpi di scena dell’ultim’ora. Nel referendum Alitalia, il No ha prevalso con 6.818 voti contrari mentre 3.206 si sono espressi favorevolmente.

Un dato inequivocabile che vede il 67% dei lavoratori contrari al piano di salvataggio elaborato dal Governo e dalle parti sociali dopo mesi di estenuanti trattative. Dopo avere appreso dell’esito della consultazione, il premier Gentiloni ha subito convocato un vertice con il ministro delle Infrastrutture Graziano Del Rio e dello sviluppo Economico, Calenda per valutare le prossime mosse al fine di evitare una fase di commissariamento.

Laconico il commento dello stesso ministro Calenda che si è detto sconcertato e amareggiato per il No al piano di salvataggio che mette in discussione la ricapitalizzazione della compagnia. L’obiettivo di Alitalia, al momento, è quello di ridurre sensibilmente i costi per viaggiatori e cittadini italiani al fine di evitare un ulteriore peggioramento dei conti. Il Consiglio di Amministrazione di Alitalia è in programma oggi e, con ogni probabilità, delibererà la richiesta di amministrazione straordinaria.

Potrebbe anche materializzarsi una uscita dei soci che riconsegneranno l’azienda nelle mani del governo. Qualora non si presentassero altri acquirenti, il fallimento della compagnia sarebbe inevitabile. Si profilerebbe in tal caso una procedura liquidatoria affidata al curatore e 24 mesi di cassa integrazione per i lavoratori. In tal caso l’unica soluzione per il governo sarebbe quella di cedere pezzi di asset della compagnia, smembrandola definitivamente.